Apple ha ufficialmente presentato l’iPhone 16e, equipaggiato con il chip A18, lo stesso che troviamo su iPhone 16 e 16 Plus. Ci sono però alcune differenze tecniche.
Stando a quanto riportato da 9to5Mac, il chip utilizzato nel modello più economico sarebbe una versione binned (nella sua accezione low, però) ovvero leggermente depotenziata rispetto a quella presente negli altri modelli. Ma cosa significa esattamente?
Il binning dei chip è una pratica comune nella produzione di semiconduttori. Quando un chip non raggiunge le massime prestazioni in tutti i suoi core, alcune parti vengono disattivate, il che permette comunque di utilizzarlo.
Nel caso dell’iPhone 16e, il chip A18 ha una GPU a 4 core, contro i 5 core della versione standard e i 6 core dell’A18 Pro nei modelli più avanzati. Un processo simile è stato già adottato da Apple nel caso dell’iPad mini 7, che monta un A17 Pro con un core grafico in meno rispetto alla versione originale.
La vera domanda però è: a noi interessa? In realtà non proprio. Nell’utilizzo quotidiano è letteralmente impossibile accorgersi della differenza, a meno di non mettere fianco a fianco due prodotti con le due diverse versioni dei chip, ed avviare un task impegnativo come ad esempio l’esportazione di un video in alta risoluzione, per poi convenire che tra i due passa solo la differenza di una manciata di secondi.
Per chi proviene da un iPhone più vecchio, invece, il passaggio all’A18 rappresenterà comunque un netto miglioramento in termini di velocità ed efficienza.
La differenza tra l’una e l’altra versione di questo A18 è quindi negligibile, anche se preferiremmo che Apple non usasse la stessa nomencltura tra porecessori fondamentalmente diversi per non generare confusione.
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