DJI, il noto produttore di droni, ha annunciato una modifica decisamente controversa al suo software di navigazione: la rimozione del geofencing, ovvero la funzionalità che impediva ai droni di volare in aree riservate come aeroporti, centrali elettriche e edifici governativi. Questa decisione, che ha suscitato perplessità in molti, arriva in un momento in cui negli Stati Uniti la fiducia nei droni è ai minimi storici, a causa di incidenti come quello che ha visto un drone DJI ostacolare le operazioni di spegnimento di un incendio a Los Angeles.
In un comunicato, DJI afferma di voler “restituire il controllo nelle mani degli operatori di droni“, sostenendo che tecnologie come il Remote ID, che permette di identificare il drone e il suo proprietario durante il volo, forniscono alle autorità degli strumenti sì necessari per far rispettare le regole, ma anche invasivi per la privacy. Tornando al drone menzionato prima, The Verge riporta che quello coinvolto nell’incendio di Los Angeles era un modello di peso inferiore a 250 grammi, che non era soggetto all’obbligo di Remote ID.
La rimozione del geofencing da parte di DJI solleva diverse preoccupazioni riguardo alla sicurezza aerea e al possibile abuso dei droni. Brendan Schulman, ex responsabile delle politiche globali di DJI, ha espresso su X la sua perplessità riguardo a questa decisione, sottolineando l’importanza del geofencing automatico per la sicurezza aerea.
DJI, dal canto suo, sostiene che l’aggiornamento è in linea con gli obiettivi della FAA e che le app di volo continueranno a generare avvisi se i piloti tentano di volare in spazi aerei riservati.
La FAA, l’ente federale americano per l’aviazione civile, ha confermato a The Verge che non richiede ai produttori di droni di implementare il geofencing, quindi quest’ultima è sempre stata di spontanea implementazione da parte di DJI. Resta da vedere quali saranno le conseguenze di questa decisione e se porterà a un aumento degli incidenti o degli abusi legati all’uso dei droni.
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