L’intelligenza artificiale è sulla bocca di tutti. ChatGPT, Gemini, Siri, Bixby: ogni giorno spuntano nuovi servizi e funzionalità basate su algoritmi sempre più sofisticati. Ma al di là dell’entusiasmo (e a volte della preoccupazione) generale, quanto di questa tecnologia è realmente utile all’utente medio? Il papà che usa lo smartphone per guardare le partite e chiamare i parenti, la casalinga che condivide foto sui social e fa la spesa online, hanno davvero bisogno di chatbot, generatori di immagini e assistenti vocali super-intelligenti?
È innegabile che l’IA offra strumenti potenti e interessanti. Pensiamo al ritocco fotografico automatico, all’organizzazione di eventi con un semplice comando vocale, alla possibilità di trovare ricette in base agli ingredienti disponibili, o ancora alla traduzione simultanea durante una conversazione con una persona che parla una lingua diversa dalla nostra. Funzionalità che possono semplificare la vita, ma che spesso richiedono un minimo di competenze digitali e una certa predisposizione alla sperimentazione.
Il rischio è che l’intelligenza artificiale, almeno nella sua forma attuale, rimanga appannaggio di una nicchia di appassionati di tecnologia e power user, mentre la maggior parte delle persone continuerà a usare lo smartphone per le funzioni basilari. Quante volte ci capita di vedere smartphone di ultima generazione nelle mani di persone che li usano solo per telefonare e navigare sui social? Probabilmente, molti di loro non sanno nemmeno cosa sia un chatbot o come si attiva l’assistente vocale (tranne mio figlio, che sta imparando ora a scrivere ma usa Siri da almeno tre anni per dettare le cose che vuole cercare su YouTube o scrivere cartelli su Minecraft, piccolo furbetto).
Forse, prima di chiederci di quanta intelligenza artificiale abbiamo bisogno, dovremmo interrogarci su come renderla davvero accessibile e utile a tutti. Servono interfacce più intuitive, funzionalità che rispondano a bisogni reali e concreti, e una maggiore educazione digitale che permetta a chiunque di sfruttare le potenzialità dell’IA senza sentirsi spaesato o inadeguato. Solo allora potremo dire che l’intelligenza artificiale è davvero per tutti, e non solo per pochi eletti.
Voi che state leggendo questo articolo siete sicuramente dalla parte degli utenti consapevoli, ma questo non vuol dire che rappresentiamo la massa, che è di fatto composta dal padre di famiglia che entra in un negozio e si fa propinare la cosa più costosa disponibile dal commesso di turno. È a queste persone che dobbiamo pensare, quando si parla di democratizzazione della tecnologia, ai nostri genitori o ai nostri nonni, non a noi stessi.
Grazie a Jacopo e Gigi per lo spunto
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